Il #CROASPiemonte incontra: “La Bottega del Possibile”, in due importanti eventi formativi. A cura di Sabrina Anzillotti, consigliera delegata

Nell’ambito di un interessante e vivace continuum di riflessione, partecipazione e confronto sui temi del piano cronicità e delle Case della Salute affrontati nei due seminari realizzati da “La Bottega del Possibile”, con il Patrocinio della Regione Piemonte, dai titoli: “Prendersi cura della cronicità: modelli regionali a confronto” e “Le Case della Salute: per integrare, sostenere, promuovere la comunità che ha cura”, l’Ordine degli Assistenti Sociali del Piemonte  è stato invitato a contribuire alla costruzione di strategie di alleanze e collaborazioni  interprofessionali su questi importanti e attuali assi strategici dell’offerta di cura.

L’obiettivo dei due momenti seminariali si è primariamente volto all’imprenscindibile necessità di   rimettere al centro il cittadino nei percorsi di cura, passando dalla presa in carico all’aver cura e prendersi cura e dar avvio fattivo ad un disegno di salute al cui centro deve collocarsi la persona, considerata come unitaria e integra.

I due seminari hanno offerto importanti spazi di pensiero con contributi di alto profilo che hanno permesso di approfondire tematiche fondamentali e cogenti dell’agenda della programmazione e pianificazione di interventi e dato risposte afferenti all’area della salute, del welfare di comunità e dell’integrazione socio-sanitaria, nel tentativo concreto di disegnare servizi che rimettano il cittadino al centro del percorso di cura, utilizzando anche le sue competenze e i suoi saperi.

Su queste tematiche lo scenario piemontese attuale vede alcuni significativi ostacoli alla continuità e all’accompagnamento della persona: frammentazione organizzativa, frammentazione valutativa, frammentazione informativa, prevalenza dell’approccio riparativo ed emergenziale,  prevenzione e promozione della salute trascurate, focus sulla prestazione, ipertecnicismo e iperspecializzazione, patologizzazione dei bisogni, sistemi informativi e di raccolta dati che non comunicano tra loro, ritiro dei professionisti con conseguente distanza dai cittadini.

Gli assistenti sociali,  in modo particolare, in ragione della storia della professione, dei nostri saperi e competenze peculiari specifici che ben si adattano alla flessibilità e al cambiamento che sta rapidamente  trasformando la società in cui viviamo, sono chiamati a partecipare e  a contribuire fattivamente al processo  di costruzione di un differente modello di welfare che sposti al focus dal case management, ormai inadeguato a far fronte alla complessità delle istanze dei cittadini, al  care management comunitario.

Occorre tuttavia esercitare da protagonisti, in modo attivo e attento, il nostro ruolo di interpreti, sentinelle e tutori dei bisogni e dei diritti dei cittadini e del territorio, dei mutamenti sociali, demografici, epidemiologici, culturali e politici che attraversano e modificano la nostra società, affinché questo processo non resti uno slogan ma si tramuti in un reale e necessario cambio di paradigma culturale, organizzativo e valoriale.

Emerge quindi in modo forte la necessità di tornare sui territori per costruire alleanze con i cittadini e le associazioni di consumatori al fine di preservare insieme i diritti acquisiti.

Questi sono alcuni dei temi e dei punti fermi sui quali proseguire e intensificare il confronto, la collaborazione e la riflessione all’interno dell’ordine e con la comunità professionale e con le altre professioni ordinate:

– ricerca e costruzione di alleanze con i cittadini e i professionisti;

– analisi, approfondimento e interpretazione degli attuali importanti cambiamenti demografici e sociali (dati Censis 2017), epidemiologici e tecnologici, senza prescindere dalla crisi economica e culturale (universo valoriale che cambia) che continua ad attraversare il nostro Paese;

– analisi delle condizioni di lavoro degli operatori nei servizi di appartenenza;

– attenzione al ruolo in ombra della politica;

– necessità di rilanciare e far conoscere quanto di valido ed efficace si è già realizzato nei servizi e sul territorio;

– circolazione delle buone pratiche e delle esperienze virtuose;

–  promozione dello scambio di idee, saperi e competenze per favorire la contaminazione positiva delle competenze e delle ricchezze delle professioni e dei servizi, stando tuttavia attenti a non perdere i confini  o a sovrapporre gli specifici professionali.