Parere legale – iscritti morosi – trasferiti all’estero

Con nota prot. n. 141/2016 del 22 gennaio scorso è stato chiesto un parere
circa la legittimità alla rinuncia al credito, poche centinaia di euro, nei confronti di
iscritti morosi e cancellati, di cui è stato accertato il trasferimento all’estero.
La normativa amministrativa e la relativa giurisprudenza settoriale (Corte
dei Conti e Consiglio di Stato) ha chiarito l’insindacabilità “nel merito” delle scelte
discrezionali compiute dall’amministrazione e la sottrazione di tali scelte da ogni
possibilità di controllo esterno e giurisdizionale.
Il merito dell’attività amministrativa riguarda, infatti, la scelta – alla
stregua dei criteri di opportunità e, quindi, di parametri non giuridici – delle modalità
di azione della pubblica amministrazione in vista della realizzazione degli interessi
affidati dalla legge alle sue cure. Esso, pertanto, non attiene al profilo della legittimità
dell’azione amministrativa, in quanto presuppone che la legge, pur determinando i fini
che debbono essere obbligatoriamente perseguiti dalla p.a., lasci a quest’ultima la
possibilità di valutare (e, quindi, di scegliere) come tali interessi debbano essere
perseguiti nel caso concreto.
Ancora e in altre parole, il giudice amministrativo e la Corte dei Conti
possono e devono verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini
pubblici generali dell’ente, ma una volta accertata tale compatibilità, l’articolazione
concreta e minuta dell’iniziativa intrapresa dall’amministrazione rientra nell’ambito
delle scelte delle quali il legislatore ha stabilito l’insindacabilità (Cass., sez. unite,
29/01/2001, n. 33 – SU 6/05/2003, n. 6851).
L’art. 1, I comma, legge 20/94, che stabilisce l’insindacabilità da parte della
Corte dei Conti delle scelte discrezionali della pubblica amministrazione, deve essere,
inoltre, messo in correlazione con l’art. 1, I comma, legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale
stabilisce, in via generale, che l’esercizio dell’attività amministrativa deve ispirarsi a
criteri di “economicità “ e di “efficienza”. In virtù di tale specifica previsione, detti
criteri, che costituiscono i principi di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97
della Costituzione Italiana, hanno acquisito dignità normativa, assumendo rilevanza
sul piano della legittimità dell’azione amministrativa. Per tale motivo la verifica della
legittimità amministrativa non può prescindere dalla valutazione del rapporto tra gli
obbiettivi conseguiti e i costi sostenuti. Il recupero di poche centinaia di euro non può
giustificare l’esborso, anticipato, dei costi di una procedura di recupero complessa e del
tutto aleatoria: l’atto risulterebbe antigiuridico per la mancanza di un rapporto di
ragionevole proporzionalità tra i costi e i benefici.
Ciò premesso si osserva come nei casi di specie, verificato da parte della
segreteria il mancato versamento della quota annuale, inviati i solleciti, proceduto con
la cancellazione per morosità e accertato, mediante accesso all’anagrafe, il
trasferimento all’estero e la relativa irreperibilità, la rinuncia al credito è legittima e
insindacabile sotto il duplice profilo:
– della discrezionalità amministrativa: tra le varie possibili opzioni, l’Ente
ponderando comparativamente i diversi interessi e le finalità
istituzionali, ritiene che risponda a criteri di razionalità e congruità non
utilizzare le proprie limitate risorse nell’avvio di una procedura di
recupero complessa: poiché regolamentata da norme esecutive di paesi
esteri e del tutto aleatoria: non potendo, a priori, valutare la consistenza
patrimoniale del moroso, essendo costoso l’accesso a registri e archivi
di paesi diversi dall’Italia;
– della ragionevole proporzionalità tra il costo della procedura di
recupero (almeno alcune migliaia di euro) e il beneficio (quando e
quanto sarà possibile recuperare dall’ex iscritto moroso).
(Avv. Cinzia Alesiani)